Amore che non è tale, possesso e violenza: la mia ingeborg

la mia ingeborg romanzo
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NAPOLI - La mia ingeborg del norvegese Tore Renberg, edito da Fazi, denuncia sin da subito l'intento di raccontare i frammenti di un amore che non è tale, ma è espressione di possesso e di una violenza capace di diventare devastante. Il protagonista, Tollak, sembra venerare sua moglie, ma in realtà osanna se stesso,  essendo egocentrico, egoriferito e profondamente controllante. La vita di tutti deve ruotare attorno alle sue scelte imposte. La figlia Hillevi non è libera di coltivare liberamente la sua passione e il suo talento per lo sci e trasformarlo in un lavoro, ma potrebbe farlo, forse, solo su concessione e secondo le modalità dettate dal padre. Sua moglie non può - lo scopriamo da un retropensiero dell'uomo - incontrar in città con le sue amiche e desiderare una vita diversa. Tollak vuole che tutti restino prigionieri in un mondo angusto e soffocante, di cui lui è signore e padrone, dove le informazioni non circolano o viaggiano lente e dove ogni cosa è cristallizzata nel passato.

Nel suo mondo impermeabile e isolato, Tollak rifiuta la le innovazioni tecnologiche

In mezzo a queste figure femminili forti e fragili insieme, probabilmente il più equilibrato, ma anche il più arrendevole e il più amato, è Jan Vidar, il figlio maggiore. C'è poi un altro ragazzo, di cui Tollak decide di prendersi cura. Otto ha un ritardo mentale che lo fa vivere in una dimensione selvaggia tutta sua, più vicina al mondo animale che a quello umano. Tutti lo chiamano Oddo lo scemo, il demente. Ma anche quello che pare un atto altruistico rivelerà il suo lato oscuro ed egoista. Nel suo mondo impermeabile e isolato, Tollak rifiuta la le innovazioni tecnologiche e qualsiasi trasformazione sociale. Probabilmente, perché in quel micromondo della foresta e della segheria non arrivano veloci le eco di altri possibili stili di vita e di modelli educativi alternativi ai suoi, che si rivelerebbero in grado di sovvertire le sue imposizioni. Si tratta di un personaggio intrinsecamente violento che impone il suo punto di vista in maniera totalizzante.

Il gruppo Le signore dei libri

Pur continuando a disconoscere le sue reali responsabilità, la cancrena che gli divora l'anima si trasforma in un terribile cancro che - al pari di una torma di cani neri - gli dilania lo stomaco, come succede col ritratto di Dorian Gray in cui l'abiezione morale diviene deformità fisica, imprigionata dal quadro. Il libro è stato oggetto di lettura nell'ambito del gruppo Le signore dei libri, promosso dalla giornalista Sonia Sodano, direttrice del giornale Cultura a colori, e da Imma Malva, titolare della cartolibreria indipendente Cartolibromania di Somma Vesuviana, nell'ambito della manifestazione Napoli Città Libro. Con loro la poetessa Irene Mascia. Come sottolineato da una delle ospiti, Gabriella Calabrese, lo stile narrativo ha un ritmo serrato, asciutto, immediato e impietoso. È una stilettata che arriva tra stomaco e cervello. Non ha fronzoli. Non indulge in iperboli o in tentativi di giustificazione e di addolcimento della durezza di quanto narrato.

Un uomo peroratore della logica del così si è sempre fatto

Non ricorre ad approfondimenti psicologici o a psicologismi per tentare di spiegare il comportamento di Tollak. Racconta tutto in maniera lineare e cruda. Ma quel raccontare asettico riesce a trasmettere subito l'orrore dell'accaduto e a carpire in controluce i meccanismi mentali di quest'uomo che distorce i fatti, offuscando con l'ombra nera delle sue visioni distorte la vera essenza degli altri personaggi. Un uomo, peroratore della logica del così si è sempre fatto e detto, che non sa parlare altra lingua se non quella della prevaricazione e del possesso - alieno a qualsiasi forma di dissenso - e che non schiaccia gli altri per ottenerne necessariamente in vantaggio immediato, bensì perché non riesce a concepire e a tollerare che questi ultimi siano migliori di lui e aspirino alla loro legittima felicità. È l'incarnazione della "banalità del male".

di Tania Sabatino

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