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Guardia di finanza, comando provinciale di Macerata |
MACERATA - La Guardia di finanza ha concluso un’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria, coordinata dalla locale procura della Repubblica, a contrasto del fenomeno illecito delle cosiddette imprese “apri e chiudi”, posto in essere da soggetti di etnia cinese nei distretti industriali tessile e calzaturiero della regione Marche. La capillare indagine, che ha interessato una società del maceratese operante nei citati distretti e gestita da soggetto di origine sinica, ha preso le mosse dall’analisi di approfondimenti di natura antiriciclaggio, in ciò avvalendosi dei poteri di polizia valutaria esclusivi della Gdf, e si è, quindi, sviluppata mediante il minuzioso esame di documenti contabili e dei conti bancari aziendali, nonché attraverso l’esame del sistema informatico riguardante lo scambio di informazioni tra Paesi membri dell'Unione europea denominato V.I.E.S. (VAT Information Exchange System), istituito al fine di consentire una corretta fiscalità e alimentato da ogni operatore commerciale che effettua vendite di beni e servizi verso un altro Stato membro.
La società italiana acquirente risultava essere totalmente “sconosciuta al fisco”
L’attenzione delle Fiamme gialle si è concentrata sulle discrasie osservate dal patrimonio informativo in possesso: a fronte delle ingenti vendite dichiarate, tramite il V.I.E.S., da alcuni operatori ubicati in altri Stati membri dell’Unione europea, la società italiana acquirente risultava essere totalmente “sconosciuta al fisco”. Ammontano a circa 200 milioni di euro i ricavi non dichiarati ai fini delle imposte sui redditi e due sono gli imprenditori segnalati all’Autorità giudiziaria per illeciti penali ricadenti nel Decreto legislativo n. 74 del 2000. Per il principio della presunzione d’innocenza, le persone denunciate non potranno essere ritenute colpevoli sino a quando la loro responsabilità non sarà definitivamente accertata con sentenza irrevocabile di condanna. Il sistema di frode è consistito, in sostanza, nell’aprire una società, intestarla formalmente a un “prestanome” e, per il tramite della stessa, effettuare ingenti importazioni di merci dalla Cina, facendole pervenire sul territorio italiano mediante triangolazioni e cessioni intracomunitarie effettuate con società intermediarie appositamente costituite in Bulgaria e Grecia.
Il breve ciclo di vita aziendale tipico delle aziende cosiddette «apri e chiudi»
Nello specifico, veniva sfruttata una particolare procedura doganale attraverso la quale gli importatori europei possono ottenere l’esenzione dal pagamento dell’Iva nello Stato membro in cui avviene lo sdoganamento della merce (in questo caso Bulgaria e Grecia), rinviando il pagamento dell’imposta nello Stato membro di loro definitiva immissione in consumo (Italia), in quanto Paese di destinazione finale. Ed è proprio in questa fase che si è concretizzata l’evasione fiscale: difatti, la società investigata, sulla quale ricadevano gli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte, caratterizzata da un breve ciclo di vita aziendale, tipico delle aziende cosiddette «apri e chiudi» gestite formalmente da “teste di legno”, ha omesso, sistematicamente, la presentazione delle previste dichiarazioni fiscali, seppur risultava aver rivenduto milioni di articoli importati dalla Cina. La globalità delle attività investigative e, più in particolare, l’intreccio delle risultanze delle indagini finanziarie, degli elementi indiziari acquisiti dai maggiori clienti e fornitori dell’azienda sottoposta a verifica, in aggiunta alle risultanze pervenute da altro reparto del Corpo marchigiano, hanno consentito di individuare l’effettivo “dominus” della società ispezionata - riporta il comunicato stampa della Gdf -.
Azione “chirurgica” svolta dalla Guardia di finanza contro gli evasori totali
Nell’ambito dell’inchiesta, il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Macerata, ha emesso - su richiesta della procura della Repubblica - apposito decreto di sequestro per equivalente di beni fino a concorrenza delle imposte evase per circa 81 milioni di euro. Al termine delle trasversali attività effettuate, gli investigatori hanno rinvenuto e posto sotto sequestro disponibilità finanziarie, nonché una villa e altri quattro immobili, auto di lusso (tra cui una Porsche Panamera, una Porsche Cayenne), numerosi gioielli e orologi in oro (di marca Rolex e Cartier), borse, vini e champagne pregiati, riconducibili al gestore “di fatto” della società indagata. L’evasione fiscale costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico perché distorce la concorrenza e l’allocazione delle risorse, mina il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato e penalizza l’equità, sottraendo spazi di intervento a favore delle fasce sociali più deboli. Da qui l’importanza dell’azione “chirurgica” svolta dalla Guardia di finanza contro gli evasori totali e i frodatori. Contrastare l’evasione fiscale significa contribuire al processo di ripresa e di rilancio dell’economia del Paese e favorire una più equa ripartizione del prelievo impositivo tra i cittadini (“pagare tutti per pagare di meno”). Il sequestro di patrimoni illeciti, assume un valore anche “sociale”, poiché consente di restituire alla collettività le ricchezze accumulate nel tempo dalla criminalità.
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