ROMA - La scomparsa di Giuseppe Sermonti. Non amò l’evoluzionismo e visse nella alchimia della favola. Scrisse Giuseppe Sermonti: “Come la conosciamo, la fiaba è l’elaborazione logica di un originario incantato. La liberazione di una bella dall’orco, l’estrazione di un’idea dal subconscio, la separazione di un metallo dalla roccia
non sono opere pie né sono prive di dolore, sono una tecné che imita la creazione divina, e quindi comportano il caos originario, la cosmogonia e il soffio spirituale. Queste sono le tre fasi della via alchemica”.
Un percorso tra caos e labirinto in una griglia di simboli che enucleano il senso di un “atto” alchemico.
Quando la fiaba si riveste di alchimia il tocco magico diventa un vero e proprio modello di sradicamento del reale che ci porta a vivere e a osservare la vita all’interno di un cosmo che è quello di una dimensione metafisica. L’intera vita dovrebbe confrontarsi con la metafisica. In letteratura non c’è letteratura se viene a mancare il sostegno della metafisica. Il Novecento è il secolo che ha vissuto dentro la metafisica. Soprattutto gli aspetti legati alla comunicazione antropologica, sono aspetti in cui il senso di questo vento onirico diventa uno scavo dentro la spiritualità dei popoli e delle civiltà.
Il tempo dell’evoluzionismo darwiniano non ha offerto nessun contributo all’antropologia dell’umanesimo in quanto fuori dalla metafisica. L’evoluzionismo, nella logica, nella scienza e nelle arti applicate, non ha prodotto una grande creazione perché il senso del ragionamento o della ragione non può avere un dialogante confronto con il vero modello onirico .
A condurci su questa strada è stato, appunto, Giuseppe Sermonti scomparso di recente, il 16 dicembre del 2018 a Roma. Era nato a Roma nel 1925. Sermonti è una figura straordinaria. Sebbene fosse uno scienziato, un biologo, ha trovato nell’arte della favola, quindi nell’arte della letteratura, il vero viaggio. Laureato in Scienze biologiche, si è occupato di Scienze agrarie, ha insegnato Genetica, ha ricombinato lo schema della genetica della medicina attraverso lo studio anche su alcuni batteri e virus. Si pensi al suo impegno per la diffusione della penicillina. Tuttavia, a un certo punto della sua vita, abbandona questa ricerca all’interno del mondo accademico e si dedica ad una ipotesi “devoluzionista”. Anti-evoluzionista, anti-darwiniano, ha posto all’attenzione il dato biologico e il dato filosofico.
Dopo aver insegnato Genetica in alcune università, e dopo aver partecipato a congressi significativi su questa problematica, negli anni Sessanta, studiando l’uomo e la genetica, entra in una visione in cui il concetto di primitivo ha necessità di confrontarsi con la dimensione della favola. Il modello del concetto dell’uomo primitivo, delle civiltà primitive, sono infatti alla base dei suoi studi. Lui che è stato un anti-evoluzionista ha creato l’intelligenza di catturare nella favola il tempo dell’uomo, un tempo che soltanto attraverso un rapporto epistemologico e filosofico è possibile sistematizzare nell’ambito di una visione affabulatoria delle conoscenze che, secondo Sermonti, nascono proprio attraverso lo studio delle letterature.
Infatti nel 1971 scrive “Il Crepuscolo dello scientismo”. Un testo che scava nella dimensione dell’essere e del tempo. Un “essere” e “tempo” che ha la sua particolarità nella visione onirica. Successivamente, nel 1974, pubblica “La mela di Adamo”. Si comincia a dare un senso a ciò che saranno i suoi successivi studi e ricerche.
Nel 1980 insieme a Roberto Fonti scriverà “Dopo Darwin”. Un lavoro in cui mette insieme la visione paleontologica con la teoria evoluzionistica. Il suo viaggio riprende all’interno della conoscenza dell’anima e della consapevolezza che le culture senza un’anima non hanno senso. L’anno seguente darà alle stampe “Le forme della vita” e analizzerà la teoria devoluzionistica attraverso la favola con un libro dal titolo sublime: “La luna nel bosco”. È il 1985. In seguito scriverà “Goethe scienziato” e ritornerà sul concetto di dimenticare Darwin.
Il suo scavo penetra il grande mito che diventa la grande madre in un vero e proprio ritornare alle radici, a quella Mater che è la terra, il cielo, l’incontro tra le memorie e il tempo stesso.
Al 2002 risale il testo “Il mito della grande madre” e l’anno successivo pubblica “L’anima scientifica. Simbolismo e funzione della scienza”. Si noti come, pur non avendo mai abbandonato la sua riflessione sugli aspetti scientifici, ponga all’attenzione il modello propriamente fiabesco, poiché è nella fiaba e nella favola che si riscontrano questi vissuti. In merito a ciò pubblicherà nel 2003 un libro provocatorio, “Scienziati nella tempesta”. Che cos’è la scienza senza l’anima? Può esistere una scienza senza il racconto e la conoscenza dei popoli primitivi? Un interrogativo che si è posto e che ci poniamo e che insiste fortemente all’interno dei processi dei legami tra vita e tempo, tra vita e morte.
Nel 2004 uscirà il libro rivelazione del suo studio sul mito e sull’antropologia delle fiabe intitolato ”Fiabe dei tre reami. Fiori dei cieli e polvere dorata” e successivamente, sempre nello stesso anno, verranno dati alle stampe “La danza delle silfidi” e “La scienza vestita di fiaba”.
Qui sta il punto, in quella dimensione che penetra il sottosuolo partendo dalla logica e dalla scienza. Il tema del bosco è fondamentale in Sermonti. Il sottobosco della vita dei popoli, la scienza vestita di fiaba. Già il titolo è un raccontare un modello di approccio a una cultura, a una civiltà, a un essere e nel dimenticare Darwin, nel tempo in cui si vivono le transizioni di civiltà e di società, utilizza una metafora significativa: “Perché la mosca non è un cavallo?” (2006). Insiste, quindi, su questi concetti, su questi archetipi. Il suo segreto è stato quello di abbandonare il mondo accademico per studiare con grande arguzia il modello antropologico.
La questione si gioca proprio tra l’essere profeti o l’essere professori. Sermonti decide di incamminarsi verso il viaggio dei profeti, verso un nuovo modello di caos che si trasforma in labirinto, il caos della biologia, soffermandosi in termini antropologici sulla comparsa dell’uomo. Un viatico che fa comprendere alla stessa antropologia che è folclore e altro rispetto a una filosofia della favola, a una magia della favola. Infatti pubblicherà nel 2009 “Alchimia della fiaba”, uno dei testi più significativi di questo mondo variegato riguardo al rapporto tra letteratura e antropologia. La fiaba, come tutta la letteratura vera, deve essere dettata dalla alchimia, altrimenti non trova la delizia del mistero e non trova la forma di una comunicazione che diventa percezione.
Giuseppe Sermonti, da questo punto di vista, è il profeta che ha vissuto il modello del “creazionismo”. È questo il modello di una letteratura che ha dato la possibilità di approfondire diversi aspetti e modelli in un disegno antropologico che ha un vissuto non solo etnico, ma anche profondamente esistenziale.
Una esistenzialità nella quale vivono elementi che scavano nel mistero della creazione, della creatività, del senso del tempo in cui si trovano i viaggi di una anti-retorica che ci porta all’alfabeto della favola, che è l’alfabeto del tempo. Un alfabeto che crea il vocabolario di un vero e proprio modello in cui la letteratura si fa mistero. A questo periodo risale “L’alfabeto scende dalle stelle”. Su questo testo ebbe a scrivere Mauro Scacchi: “Il cielo, fonte privilegiata del sacro e del mito, fornì ai nostri antenati una tavola in cui leggere storie e messaggi. Codificare sulla Terra, mediante lettere e parole scritte, ciò che nella volta celeste era disegnato, fu per l’uomo come un atto di creazione. Dopo aver alzato lo sguardo alle stelle, l’umanità abbassò gli occhi e tradusse la potenza immaginifica e comunicativa degli astri notturni attraverso le prime forme di scrittura. Lo zodiaco e le costellazioni della Via Lattea, così come gli archi di cielo attraversati dalla Luna, furono i primi insegnanti del genere umano, il quale seppe ascoltare e riprodurre la musica delle sfere".
Si può notare come questo intrigante personaggio abbia riscoperto il mito partendo dalla biologia creando una costellazione in cui la luna diventa il segno primordiale per una fiaba che mai smetterà di raccontarsi. La fiaba dell’uomo in viaggio oltre Darwin. Oltre l’evoluzionismo stesso.
L’antropologia si serve anche di questi elementi e percorsi, che sono il tutto e il grande, il mistero e il segreto. Giuseppe Sermonti è dentro questo mistico viaggio profetico, in cui il “crepuscolo dello scientismo” non è soltanto una metafora”. Va oltre e diventa allegoria del sogno dentro il pensiero del cammino stellare. Una alchimia sostenuta dalla visione di Elemire Zolla che scrissi: “…i sempre uguali archetipi della metamorfosi [che] si esprimono via via come luna nera, cava e piena; come pietra grezza, opera chimica e fulgore liberato; come seme, pianta crescente, fiore”.
Quando la fiaba si riveste di alchimia il tocco magico diventa un vero e proprio modello di sradicamento del reale che ci porta a vivere e a osservare la vita all’interno di un cosmo che è quello di una dimensione metafisica. L’intera vita dovrebbe confrontarsi con la metafisica. In letteratura non c’è letteratura se viene a mancare il sostegno della metafisica. Il Novecento è il secolo che ha vissuto dentro la metafisica. Soprattutto gli aspetti legati alla comunicazione antropologica, sono aspetti in cui il senso di questo vento onirico diventa uno scavo dentro la spiritualità dei popoli e delle civiltà.
Il tempo dell’evoluzionismo darwiniano non ha offerto nessun contributo all’antropologia dell’umanesimo in quanto fuori dalla metafisica. L’evoluzionismo, nella logica, nella scienza e nelle arti applicate, non ha prodotto una grande creazione perché il senso del ragionamento o della ragione non può avere un dialogante confronto con il vero modello onirico .
A condurci su questa strada è stato, appunto, Giuseppe Sermonti scomparso di recente, il 16 dicembre del 2018 a Roma. Era nato a Roma nel 1925. Sermonti è una figura straordinaria. Sebbene fosse uno scienziato, un biologo, ha trovato nell’arte della favola, quindi nell’arte della letteratura, il vero viaggio. Laureato in Scienze biologiche, si è occupato di Scienze agrarie, ha insegnato Genetica, ha ricombinato lo schema della genetica della medicina attraverso lo studio anche su alcuni batteri e virus. Si pensi al suo impegno per la diffusione della penicillina. Tuttavia, a un certo punto della sua vita, abbandona questa ricerca all’interno del mondo accademico e si dedica ad una ipotesi “devoluzionista”. Anti-evoluzionista, anti-darwiniano, ha posto all’attenzione il dato biologico e il dato filosofico.
Dopo aver insegnato Genetica in alcune università, e dopo aver partecipato a congressi significativi su questa problematica, negli anni Sessanta, studiando l’uomo e la genetica, entra in una visione in cui il concetto di primitivo ha necessità di confrontarsi con la dimensione della favola. Il modello del concetto dell’uomo primitivo, delle civiltà primitive, sono infatti alla base dei suoi studi. Lui che è stato un anti-evoluzionista ha creato l’intelligenza di catturare nella favola il tempo dell’uomo, un tempo che soltanto attraverso un rapporto epistemologico e filosofico è possibile sistematizzare nell’ambito di una visione affabulatoria delle conoscenze che, secondo Sermonti, nascono proprio attraverso lo studio delle letterature.
Infatti nel 1971 scrive “Il Crepuscolo dello scientismo”. Un testo che scava nella dimensione dell’essere e del tempo. Un “essere” e “tempo” che ha la sua particolarità nella visione onirica. Successivamente, nel 1974, pubblica “La mela di Adamo”. Si comincia a dare un senso a ciò che saranno i suoi successivi studi e ricerche.
Nel 1980 insieme a Roberto Fonti scriverà “Dopo Darwin”. Un lavoro in cui mette insieme la visione paleontologica con la teoria evoluzionistica. Il suo viaggio riprende all’interno della conoscenza dell’anima e della consapevolezza che le culture senza un’anima non hanno senso. L’anno seguente darà alle stampe “Le forme della vita” e analizzerà la teoria devoluzionistica attraverso la favola con un libro dal titolo sublime: “La luna nel bosco”. È il 1985. In seguito scriverà “Goethe scienziato” e ritornerà sul concetto di dimenticare Darwin.
Il suo scavo penetra il grande mito che diventa la grande madre in un vero e proprio ritornare alle radici, a quella Mater che è la terra, il cielo, l’incontro tra le memorie e il tempo stesso.
Al 2002 risale il testo “Il mito della grande madre” e l’anno successivo pubblica “L’anima scientifica. Simbolismo e funzione della scienza”. Si noti come, pur non avendo mai abbandonato la sua riflessione sugli aspetti scientifici, ponga all’attenzione il modello propriamente fiabesco, poiché è nella fiaba e nella favola che si riscontrano questi vissuti. In merito a ciò pubblicherà nel 2003 un libro provocatorio, “Scienziati nella tempesta”. Che cos’è la scienza senza l’anima? Può esistere una scienza senza il racconto e la conoscenza dei popoli primitivi? Un interrogativo che si è posto e che ci poniamo e che insiste fortemente all’interno dei processi dei legami tra vita e tempo, tra vita e morte.
Nel 2004 uscirà il libro rivelazione del suo studio sul mito e sull’antropologia delle fiabe intitolato ”Fiabe dei tre reami. Fiori dei cieli e polvere dorata” e successivamente, sempre nello stesso anno, verranno dati alle stampe “La danza delle silfidi” e “La scienza vestita di fiaba”.
Qui sta il punto, in quella dimensione che penetra il sottosuolo partendo dalla logica e dalla scienza. Il tema del bosco è fondamentale in Sermonti. Il sottobosco della vita dei popoli, la scienza vestita di fiaba. Già il titolo è un raccontare un modello di approccio a una cultura, a una civiltà, a un essere e nel dimenticare Darwin, nel tempo in cui si vivono le transizioni di civiltà e di società, utilizza una metafora significativa: “Perché la mosca non è un cavallo?” (2006). Insiste, quindi, su questi concetti, su questi archetipi. Il suo segreto è stato quello di abbandonare il mondo accademico per studiare con grande arguzia il modello antropologico.
La questione si gioca proprio tra l’essere profeti o l’essere professori. Sermonti decide di incamminarsi verso il viaggio dei profeti, verso un nuovo modello di caos che si trasforma in labirinto, il caos della biologia, soffermandosi in termini antropologici sulla comparsa dell’uomo. Un viatico che fa comprendere alla stessa antropologia che è folclore e altro rispetto a una filosofia della favola, a una magia della favola. Infatti pubblicherà nel 2009 “Alchimia della fiaba”, uno dei testi più significativi di questo mondo variegato riguardo al rapporto tra letteratura e antropologia. La fiaba, come tutta la letteratura vera, deve essere dettata dalla alchimia, altrimenti non trova la delizia del mistero e non trova la forma di una comunicazione che diventa percezione.
Giuseppe Sermonti, da questo punto di vista, è il profeta che ha vissuto il modello del “creazionismo”. È questo il modello di una letteratura che ha dato la possibilità di approfondire diversi aspetti e modelli in un disegno antropologico che ha un vissuto non solo etnico, ma anche profondamente esistenziale.
Una esistenzialità nella quale vivono elementi che scavano nel mistero della creazione, della creatività, del senso del tempo in cui si trovano i viaggi di una anti-retorica che ci porta all’alfabeto della favola, che è l’alfabeto del tempo. Un alfabeto che crea il vocabolario di un vero e proprio modello in cui la letteratura si fa mistero. A questo periodo risale “L’alfabeto scende dalle stelle”. Su questo testo ebbe a scrivere Mauro Scacchi: “Il cielo, fonte privilegiata del sacro e del mito, fornì ai nostri antenati una tavola in cui leggere storie e messaggi. Codificare sulla Terra, mediante lettere e parole scritte, ciò che nella volta celeste era disegnato, fu per l’uomo come un atto di creazione. Dopo aver alzato lo sguardo alle stelle, l’umanità abbassò gli occhi e tradusse la potenza immaginifica e comunicativa degli astri notturni attraverso le prime forme di scrittura. Lo zodiaco e le costellazioni della Via Lattea, così come gli archi di cielo attraversati dalla Luna, furono i primi insegnanti del genere umano, il quale seppe ascoltare e riprodurre la musica delle sfere".
Si può notare come questo intrigante personaggio abbia riscoperto il mito partendo dalla biologia creando una costellazione in cui la luna diventa il segno primordiale per una fiaba che mai smetterà di raccontarsi. La fiaba dell’uomo in viaggio oltre Darwin. Oltre l’evoluzionismo stesso.
L’antropologia si serve anche di questi elementi e percorsi, che sono il tutto e il grande, il mistero e il segreto. Giuseppe Sermonti è dentro questo mistico viaggio profetico, in cui il “crepuscolo dello scientismo” non è soltanto una metafora”. Va oltre e diventa allegoria del sogno dentro il pensiero del cammino stellare. Una alchimia sostenuta dalla visione di Elemire Zolla che scrissi: “…i sempre uguali archetipi della metamorfosi [che] si esprimono via via come luna nera, cava e piena; come pietra grezza, opera chimica e fulgore liberato; come seme, pianta crescente, fiore”.
di Pierfranco Bruni
Ricerche Correlate
Commenti
Posta un commento