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Michela Farabella |
MILANO - A Varadero puoi trovare uno chef italiano degno di tre stelle Michelin (e non stiamo esagerando). Nel mio recente viaggio nella Cuba dei sigari e delle Cadillac, ho scoperto che c’è un talento culinario che ridefinisce la gastronomia caraibica. Nel cuore pulsante di Varadero, si sta consumando una nuova rivoluzione — quella gastronomica. E al centro di questa rivoluzione c’è lui: uno chef italiano che, in qualsiasi altra parte del mondo, avrebbe già in tasca tre stelle Michelin. Dimenticate i soliti piatti turistici: riso e fagioli, maiale alla brace e mojito troppo zuccherati. Qui si parla di cucina d’autore, fatta con prodotti locali, tecniche raffinate e una creatività che sorprende anche i palati più allenati. Immaginate un ceviche di langosta marinato in succo di guanábana, servito su una crema di avocado affumicato al legno di mango. Dietro ogni piatto, c’è un racconto. Quello di una Cuba che rinasce anche attraverso il cibo.
Nel cuore della Varadero più autentica si nasconde un talento gastronomico
Chi è questo chef “stellato” senza stelle? Sembra impossibile, ma è tutto vero: tra le palme, la sabbia bianca e gli all-inclusive per turisti, nel cuore della Varadero più autentica si nasconde un talento gastronomico che non solo sfida i limiti della cucina cubana, ma li ridefinisce. Il suo nome è Gennaro Salvato, è italiano, e se lavorasse a Parigi o Tokyo avrebbe probabilmente già tre stelle Michelin cucite sulla giacca. Ma ha scelto Cuba. E questo fa tutta la differenza. Il suo mantra? "Cucinare con quello che c’è, ma farlo come se avessi tutto". E a Cuba, dove trovare ingredienti è un’arte in sé, questa filosofia si trasforma in una sfida quotidiana — vinta con maestria. Originario della Campania, con un passato nelle cucine di ristoranti in Italia e in Europa, Gennaro Salvato è arrivato a Cuba quasi per caso. Ma è rimasto per scelta. A colpirlo non è stata solo la bellezza dell’isola, ma la sfida che essa rappresenta per chi cucina: ingredienti limitati, infrastrutture precarie, rifornimenti incerti.
Perché la grande cucina non è fatta solo di tartufi francesi
Eppure, proprio in queste difficoltà ha trovato la scintilla creativa. "Cucinare qui è come fare il vino durante una tempesta. Se ci riesci, diventa un capolavoro", dice Salvato sorridendo. E quando parla, si capisce subito che dietro la calma si nasconde un fuoco vivo, lo stesso che si sente nei suoi piatti. Perché il mondo dovrebbe accorgersene? Perché la grande cucina non è fatta solo di tartufi francesi e wagyu giapponese. È fatta di intuizione, rispetto del territorio, coraggio. E Cuba, per troppo tempo considerata periferica sulla mappa gastronomica mondiale. Non chiamatela cucina povera. Chiamatela geniale. Mentre l’isola affronta blackout, carenze e incertezze, c’è chi sceglie di rispondere con bellezza. E quella bellezza oggi si serve anche su un piatto, magari decorato con petali di mariposa, il fiore nazionale cubano. Tra le cucine di un resort a Varadero, un italiano, Gennaro Salvato sta cambiando tutto e con le sue mani, la sua testa e una passione fuori scala, ha portato nel cuore turistico di Cuba una cucina d’eccellenza che, senza esagerare, potrebbe tranquillamente competere con quella dei grandi nomi europei.
Salvato non si limita a cucinare: racconta storie
La particolarità? Gennaro lavora come executive chef per una catena di resort internazionali. La sua cucina nasce dietro le quinte di strutture pensate per accogliere centinaia, a volte migliaia di ospiti al giorno. Eppure, in questo contesto apparentemente anonimo, la sua mano si sente. Eccome. Ma la vera magia è che tutto questo nasce senza catene di fornitura regolari, senza mercato gourmet, senza fronzoli. Solo con ingegno, adattabilità e un rispetto assoluto per ciò che l’isola può offrire, giorno per giorno. Perché sì, anche a Cuba puoi trovare uno chef degno di tre stelle Michelin. Ma forse qui, lontano dai riflettori, quelle stelle brillano ancora di più. Salvato non si limita a cucinare: racconta storie. Ogni piatto è una dichiarazione d’amore per Cuba e una sfida silenziosa alla superficialità. In un luogo dove l’offerta gastronomica è spesso pensata per compiacere il turista più pigro, lui alza l’asticella e cambia le regole.
Gennaro Salvato lavora dietro le quinte per costruire un’immagine diversa di Cuba
Un’eccellenza che merita il palcoscenico mondiale Anche per il coraggio. Perché fare alta cucina dove mancano l’aceto balsamico, la farina tipo 00, richiede qualcosa che va oltre il talento: richiede visione. Ogni servizio, una dimostrazione silenziosa che la qualità non ha confini geografici, solo mentali. Mentre Varadero continua a essere raccontata come un paradiso da cartolina per chi cerca spiagge da sogno, c’è chi, come Gennaro Salvato, lavora dietro le quinte per costruire un’immagine diversa di Cuba. Un’isola che può essere anche meta gastronomica d’eccellenza, se solo ci si ferma ad ascoltare, ad assaggiare, a guardare più in profondità. Salvato non è arrivato a Cuba per caso. Dopo anni nelle cucine più esigenti d’Italia e d’Europa, ha scelto di portare la sua esperienza in un contesto decisamente sfidante: un Paese in cui ogni ingrediente può mancare da un giorno all’altro, dove la logistica è imprevedibile e dove il turismo di massa spesso livella verso il basso la proposta gastronomica.
Non come cartolina esotica, ma come presenza concreta
Ma lo chef ha visto, in questa sfida, un’opportunità: dare dignità alla cucina d’hotel, reinventare il concetto stesso di buffet, educare al gusto anche in vacanza. "La mia sfida non è cucinare per trenta coperti esclusivi, ma far vivere un’esperienza di qualità a 300 persone, ogni giorno, senza compromessi", racconta. Quando anche il buffet diventa alta cucina. Gennaro Salvato rende ogni piatto, anche il più semplice, pensato, curato, bilanciato. Dalla paella preparata sul momento con pesce locale fresco, fino alle dessert station dove nulla è lasciato al caso. Nei suoi piatti c’è l’Italia, ma anche Cuba. Non come cartolina esotica, ma come presenza concreta, filtrata con rispetto e intelligenza: manioca, platano, frutti tropicali, carni locali. Tutto viene valorizzato, reinventato, elevato. Il bello della cucina di Gennaro Salvato è che non te l’aspetti. Non sei in un ristorante di lusso con prenotazione anticipata e lista d’attesa.
A Cuba puoi trovare uno chef degno di tre stelle Michelin
Sei a Varadero, in ciabatte e costume, eppure trovi nel piatto una precisione tecnica, una sensibilità creativa e un rispetto per l’ingrediente che potresti facilmente trovare in un ristorante stellato. La differenza è che lo chef è invisibile, lavora nell’ombra, spesso senza nemmeno il riconoscimento che meriterebbe. Ma chi lo conosce, chi lo ha visto lavorare, chi ha assaggiato davvero i suoi piatti — non li dimentica. Un messaggio più grande del piatto. Il lavoro di Gennaro Salvato va oltre il cibo. È una piccola rivoluzione silenziosa che dice: anche nei grandi alberghi, anche nei contesti turistici, si può fare qualità. Basta volerlo, crederci, formare il personale, valorizzare le materie prime, non accontentarsi mai. E Cuba, terra di contrasti e meraviglie, è il suo banco di prova quotidiano. Dove a volte manca tutto — ma non manca mai la voglia di fare bene. Perché sì, a Cuba puoi trovare uno chef degno di tre stelle Michelin. E forse, il fatto che si trovi proprio qui — in un’isola che cucina con l’anima più che con le risorse — rende ogni suo piatto ancora più straordinario.
di Michela Farabella
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