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| I carabinieri per la Tutela del lavoro impegnati in una operazione contro il traffico di immigrati |
CHIETI - I carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro (Nil) di Chieti, su delega della Direzione distrettuale antimafia di L’Aquila, hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di un cittadino bengalese, al vertice di un’organizzazione criminale dedita al “traffico di migranti”, attraverso l’uso fraudolento dei c.d. decreti flussi. Dalle prime luci dell’alba di lunedì 3 novembre 2025, i carabinieri, con il supporto operativo dei militari dei comandi provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Dda di L’Aquila, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale aquilano, nei confronti di un quarantacinquenne bengalese e contestualmente hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
Contratti di lavoro fittizi e società create in vista dei “click day”
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del Nil di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale - operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania – che, utilizzando in maniera fraudolenta i c.d. decreti flussi, sono riusciti, a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari, provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando fittizie proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione disarticolata era articolata su più livelli e si avvaleva: di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day”; di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi; di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
Imprenditori consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, poiché ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme molto elevate; non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria “miniera”. Nel corso delle indagini, nel luglio 2024, i carabinieri del Nil di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento. Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia cautelare in carcere e l’uomo è stato tradotto alla Casa Circondariale di Pescara. Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari. Il comando carabinieri per la Tutela del lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo. Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della Costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.
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