ROMA - “Finché c’è vita non c’è speranza!” Il grido è dei giovani di Fabbrica Wojtyla. “Basta inganni sulle migrazioni!” Il monito dell’Anonimo Napoletano al Maschio Angioino il 16 luglio 2019, ore 21. “…così siamo tutti perdenti, tutti sconfitti, nessuno più è escluso…”. L’utilizzo del dramma dei migranti in termini di comunicazione e di sondaggi è una vergogna sociale per un Governo che intanto non è capace nemmeno di esprimere una giusta legge per l’eutanasia e per una insipida opposizione priva di vere risorse intellettuali e altrettanto proiettata alla ricerca di una comunicazione favorevole nei sondaggi.
Questa condanna assoluta è il perno principale dell’opera Anonimo Napoletano, scritta e musicata da Patrizio Ranieri Ciu, drammaturgo che non le manda certo a dire, ed interpretata, bianchi e neri, dalla giovane, originale e socialmente plurimpegnata Fabbrica Wojtyla & Compagnia della città in collaborazione con le giovani della coop. New Hope fondata da Suor Rita Giaretta per il recupero delle ragazze vittime della tratta.
È il 1799. Lei contessina inglese, lui scapestrato musicista napoletano. Si incontrano nei giorni della Rivoluzione Napoletana e si amano ma la diversità di ceto e soprattutto di linguaggio impedisce loro una “vera e diretta” comunicazione. Si rivolgono così al Maestro, abile traduttore il quale, diabolicamente, utilizzerà il potere della gestione della comunicazione per agire sui destini di tutti.
Conclusione: tutti perdenti, tutti sconfitti mentre Napoli festeggia l’ennesimo miracolo di San Gennaro!
La metafora è evidente: la corsa al sondaggio e alla audience per ministri e oppositori è il vero obbiettivo di uno scontro sulla pelle di tanti esseri umani che hanno nella morte per annegamento la vera “soluzione” al dramma di una esistenza infelice. Sono coscienti di ciò cui vanno incontro: la morte come involontaria speranza.
“Finché c’è vita non c’è speranza” gridano i giovani artisti di Fabbrica Wojtyla, traducendo in senso comune il nichilismo, già presagio del filosofo Umberto Galimberti, che accompagna quest’ultima generazione che, entrata in contatto culturale con le istituzioni, è stata privata appunto della possibilità di sperare.
Questo è il messaggio macabro che fotografa l’incartapecorimento di una politica dannata che, da Renzi a Salvini passando persino per l’illusione del Grillo Parlante, non esclude più nessuno dei presunti protagonisti della nostra assurda cultura sociale, dal clientelare passato lontano al generalista futuro prossimo.
“Ma se tanto ci dà tanto, questa è l’Italia” conclude l’autore. “Una nazione che, come quelle anime nere che si lanciano sui gommoni in mare, “involontariamente spera” solo nella propria morte”.
I giovani di Fabbrica Wojtyla
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