Le ulteriori investigazioni, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano – sostituti procuratori dottoressa Bonardi e dottore Mazza (della Procura della Repubblica di Pavia ed applicato in Dda) ed eseguite anche attraverso mirate indagini finanziarie, intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno fatto emergere un sistema criminale volto alla massimizzazione degli indebiti profitti conseguiti attraverso il traffico illecito di rifiuti. In particolare, due degli arrestati (V.B. cl. ’67 e A.C.B. cl. ’67) entrambi gestori dell’impianto di smaltimento, dopo avere ammassato indistintamente quintali di rifiuti pericolosi e non (tra i quali anche rifiuti speciali pericolosi costituiti da lastre di eternit), non provvedevano all’esecuzione di alcuna operazione di trattamento o recupero incamerando così ingenti guadagni quantificati in circa 2 milioni di euro.
Una volta accortisi che la gestione dell’impianto era divenuta insostenibile a causa dell’enorme quantità di rifiuti stoccati, i due criminali decidevano coscientemente di dare fuoco al piazzale al solo scopo di ripulire, a costo zero, l’intera azienda di smaltimento, noncuranti dell’enorme danno per la salute della collettività. Oltre al traffico illecito che ha comportato la saturazione dell’impianto di Mortara, dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali emergeva inoltre la volontà degli arrestati di avviare nuovi traffici illeciti allo scopo di smaltire proprio i rifiuti interessati dall’incendio del 2017 verso destinazioni estere, rigenerando le attività delittuose dalle ceneri dell’evento incendiario.
A seguito del vasto incendio doloso, la società Eredi Bertè Antonino che gestiva l’impianto di recupero rifiuti unitamente alla Eredi Bertè Ecology, veniva dichiarata fallita e i due citati gestori si adoperavano al fine di fare sparire l’enorme capitale illecitamente accumulato attraverso la creazione di numerose società intestate a meri prestanome. L’analisi dei conti correnti, la ricostruzione dei flussi finanziari e l’esame di una mole enorme di documenti permetteva, però, agli investigatori di ricostruire l’articolato sistema truffaldino che, anche attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture false, ha consentito ai criminali di distogliere enormi capitali che sarebbero dovuti servire per pagare i vari creditori commettendo, di fatto, il reato di bancarotta fraudolenta.
Inoltre i due soggetti, unitamente a V.A. cl. ’84, si adoperavano per riciclare ingenti somme di denaro provento dell’illecito traffico di rifiuti e della bancarotta. Anche in tal caso, l’intero sistema criminale fondato su inesistenti cessioni di capitale e di quote societarie, era finalizzato a distogliere quanto più denaro possibile dalle casse delle varie società a discapito dei contribuenti onesti e dell’Erario. L’operazione condotta dalle Fiamme gialle e dai carabinieri di Pavia conferma il costante impegno nell’azione di tutela dell’ambiente, della collettività e degli imprenditori onesti, contrastando i gravi danni arrecati al sistema economico nazionale da soggetti che operano sul mercato in modo spregiudicato e criminale, falsando la leale concorrenza e danneggiando altri operatori.
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