Frankenstein, la donna-creatrice teme la potenza della propria opera

Frankenstein al Piccolo Bellini di Napoli
Frankenstein al Piccolo Bellini di Napoli

NAPOLI - Un viaggio nel tempo mentale della madre di Victor Frankenstein. Piccolo Bellini, Napoli, dal 6 all’11 maggio 2025: la fantasia di una piovosa estate del 1816 e le neoavanguardie, il romanzo più famoso di Mary Shelley e il divenire del teatro, il mito di un Moderno Prometeo e le utopie del Novecento; Maria Laura Palmeri, Lara Di Bello, Giuditta Mingucci e angolature laser con ologrammi. La regia e la drammaturgia di Ivonne Capece punta sul concetto di teatro come vettore del mondo delle arti performative, che convoca l’audiovisivo, le nuove tecnologie, la danza di corpi che abitano un tempo profondo, un tunnel di immagini con propri interstizi di sperimentazione. Il disegno luci di Cristina Spelti, ipnotizza lo spettatore, già immerso nel proprio frammento di esistenza, lo fa slittare su nuove coordinate: quello di un’autrice che, in pieno romanticismo, genera figli morti, forse perché sopravvissuta alla propria madre nel momento del parto.

Approfondimento sulla penna che concepì il personaggio di Frankenstein

“Ti ho spinta forse io a sollevarmi dall’uscita?”.  Procreare può essere un esperimento di mostruosità, con una complessa vita familiare, se una maternità impossibile genera dubbi. Mettere al mondo un figlio può essere, è un’operazione complicata: “l’idea della nascita è fatalmente affiancata all’idea della morte. E quindi sogno di ridare vita a tessuti che non ne hanno più, ovvero riavvolgere all’indietro il filo del tempo per poi accorgersi che….”. Il midollo dello spettacolo, che parte dal Teatro Fontana di Milano, è un approfondimento sulla penna che concepì il personaggio di Frankenstein, l’autrice già figlia di Willian Godwin, famoso autore radicale politico filosofico e di Mary Wolstonecraft, scrittrice che fondò il femminismo liberale. Reso possibile da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, ci porta in un tempo in cui essere donna e artista significava spesso sfidare le convenzioni, quando scrivere libri anziché fare figli poteva sembrare un atto mostruoso, convivere senza sposarsi, un oltraggio.

La drammaturgia sonora porta in una dimensione non manovrabile

È il racconto di un'epoca in cui una donna-creatrice teme la potenza della propria opera e deve giustificare la vastità dei suoi sogni. Tra realtà virtuale, cuffie wireless e suoni binaurali, lo spettacolo immerge in un viaggio onirico attraverso le pagine non scritte del romanzo epistolare che ha segnato la storia della letteratura. Un Frankenstein “eterocrono”, in cui l’arte totale contemporanea riesce a creare possibilità diverse di sguardo sul presente. Lo spettatore si ritrova dentro un liquido amniotico, la voce di Maria Laura Palmeri è amplificata dalle cuffie, da quel che Valentina Valentini chiamerebbe “travestimento elettronico della voce” come spiega negli “studi femminili della vocalità”. Sarebbe bastato toglierle per pochi istanti, per assaporare il suo modo di modulare il diaframma, ammirare come riesce, tecnicamente, a garantire l’eco della tecnologia elettroacustica tridimensionale. Ma la drammaturgia sonora ci ha portato in una dimensione non manovrabile, ai confini dell’inconscio.

La Creatura e la Creatrice

La narrazione, futuristicamente lontana dalla mimesi aristotelica, disintegra le dimensioni lineari, per aprire varchi, teli bianchi e proiezioni incorniciano uno spazio che ha mescolato il prima e il dopo, decostruendo, la Creatura e la Creatrice, nel dramma visivo che si è avverato davanti e intorno allo spettatore. Il teatro epico, con il suo straniamento, aveva già archiviato l’ideale aristotelico di organicità, introducendo la discontinuità, per cui oggi è comprensibile anche sradicare il fondale di ogni episodio non annodato, ma combinato, tramite montaggio: l’audiovisuale performativo si è avvalso delle riprese video di Lorenzo Salucci e della postproduzione video di Cristina Spelti. Azioni diverse avvengono contemporaneamente, per blocchi narrativi autonomi, rendendo intenso e palpabile il lavoro della squadra della compagnia Sblocco5. Costumi e allestimento, di Micol Vighi, superano il vecchio concetto di scenografia e vive di spazio-scenico: in divenire, dinamico.

Platea introdotta fisicamente e anche emotivamente

La regia stratifica e interseca gli ambienti reali e virtuali attraverso personaggi surreali, corpi galleggianti che incrociano il proscenio, teatralizzano fotografie, vivificano quadri d’epoca. Lo spettacolo si sviscera tra proiezioni multiple e non sempre prospettiche, che avvolgono, risucchiano, tormentano. Accelerazioni, rallentamenti, studi di neoavanguardia artistica caratterizzano una pièce che è un “mental trip”, che ha tanti livelli di fruizione. Una donna, vestita in abito di fine Ottocento, bustino stretto, sottogonna rigida, si staglia in una stanza bianca, asettica, dal rumore meccanico costante. Oppure avanza mentre, un'automobile contemporanea, è sospesa su un nastro trasportatore da autolavaggio; graffiano le iterazioni che cancellano la memoria e dialogano con ciò che non scompare della realtà storica e psichica dell’autrice di uno dei più grandi capolavori del diciannovesimo secolo. Tecnica di Angelo Generali, assistente alla regia Micol Vighi. La platea è stata introdotta fisicamente, e se ha voluto, anche emotivamente, nelle contraddizioni di ogni donna, che anche solo in potenza, può dare al mondo una vita nuova: “Io non sono te!”. La femminilità ha perturbato il tempo di un femminismo irrisolto. Il personale si scioglie nell’universale, i ricordi si fluidificano nel corpo dislocato di una Palmeri terribile e mostruosa perché meravigliosa, misurata, profonda, “aurofonica” eppur materica, distopica e pur intima ad ogni essere in trasform-azione.

di Anita Laudando

Fotografie di A. L.

Frankenstein al Piccolo Bellini di Napoli attrici

Frankenstein al Piccolo Bellini di Napoli opera teatrale

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