Festa della Repubblica? Dilettanti allo sbaraglio strapagati

Lorenza Morello
Lorenza Morello

TORINO - “C'è stato un sogno una volta che era Roma lo si poteva soltanto sussurrare, ogni cosa più forte di un sospiro l'avrebbe fatto svanire, era così fragile”, questa la frase che nell’iconico film Il Gladiatore viene fatta pronunciare all’Imperatore Marco Aurelio. Oggi si festeggia il 2 giugno e, come ogni anno, mi interrogo su cosa ci sia realmente da festeggiare. La nostra Repubblica, la cui proclamazione costò molto in termini di vite e di ideali, così come la nostra Costituzione, sono vituperate e oltraggiate ogni giorno. Ma, a mancar loro di rispetto, troppo spesso, non è di certo il popolo, bensì coloro alla cui tutela e salvaguardia sarebbero chiamati. Quelli che Marco Aurelio non hanno nemmeno idea di chi fosse. E, badate bene, non è disfattismo né populismo, è amara constatazione della realtà. La democrazia rappresentativa è stata vanificata da tempo con leggi elettorali una peggiore dell’altra, lo sperpero di denaro pubblico e l’incapacità di star dietro alle necessità del Paese è eloquente ovunque si guardi.

Leggi immorali che condannano chi ha la sventura di dover ricorrere a liste d’attesa

La scuola pubblica è un far west, larga parte della nostra rete stradale è indegna per un Paese che dovrebbe vivere di turismo. Per fare un’innovazione qualsiasi (un esempio tra tanti, la Tav) si scatenano delle lotte così feroci che generano disagio sociale, sperpero di denaro, malaffare e hanno come risultato che, quando e se l’opera di turno viene realizzata, è ormai vecchia e anacronistica perché pensata troppo anni prima (e il mondo non aspetta noi). Per non parlare della sanità. Devastata da leggi immorali e che condannano chi ha la sventura di dovervi ricorrere a liste d’attesa senza fine, e barelle nei corridoi e a un servizio che si rivela spesso molto scadente. E tutto questo ha una matrice comune a quella del degrado della magistratura di cui ho già avuto modo di parlare: l’impunità della classe politica e la mancanza di formazione professionale della stessa. Perché, vedete, non ci sarebbe nessuna azienda privata al mondo che pagherebbe 15mila euro al mese a un dilettante allo sbaraglio, mentre noi quello paghiamo come stipendio medio di un parlamentare, la maggior parte dei quali entra a palazzo senza formazione e senza cultura.

Subingresso della intelligenza artificiale nel mondo del lavoro

Dilettanti allo sbaraglio strapagati che, una volta eletti, hanno come unico impegno quello di garantirsi la ricandidatura. Certo, non si può fare di tutta l’erba un fascio e, certo, molte persone per bene siedono nelle aule di Camera e Senato. Peccato però che il bicameralismo perfetto e altri tecnicismi fanno sì che questa schiera di volenterosi non possa emergere e fare la differenza in un sistema burocratico fatto per tutelare se stesso. “Fin che la barca va…” diceva laconico Andreotti... Si parla tanto di subingresso della intelligenza artificiale nel mondo del lavoro. Beh, stante la mancanza di rappresentatività diretta e l’impossibilità di poter cambiare le cose se non con una riforma radicale del sistema nel proprio complesso (possibile solo attraverso un colpo di Stato, perché anche i populisti al potere che dovevano aprire il parlamento “come una scatola di tonno” e avere il limite dei mandati ci hanno dimostrato quanto si sta comodi tra i velluti rossi di palazzo e quindi, magari, anche stavolta la riforma può asportare) a pigiare un bottone senza alcun valore aggiunto potrà certamente pensarci l’intelligenza artificiale.

Si ritorni ad una formazione e ad una selezione della classe politica

E non mi si venga a parlare dell’importanza del confronto nella camera alta e camera bassa. Ma di quale confronto state parlando? Su temi sensibili per la società spesso si assiste a qualche parlamentare meritevole che parla in un emiciclo semi vuoto, su quelli di maggior interesse lobbistico, invece, il dibattito parlamentare si trasforma in una violenta corrida dove si consumano scene indegne, che verrebbero condannate anche nelle curve degli stadi. Pertanto, se non si ritorna ad una formazione e ad una selezione della classe politica (chiamata però a rispondere del proprio operato -così come si chiede ai sindaci, perché non deve farlo un onorevole) festeggerò di nuovo il 2 giugno con dopo l’instaurazione della Repubblica artificiale. Con buona pace dei parlamentari esodati, che potranno così imparare il rapporto tra retribuzione e valore reale prodotto. “Go further or go home”.

di Lorenza Morello

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