Gennaro De Crescenzo e i Primati del Regno delle Due Sicilie

NAPOLI - Gennaro De Crescenzo è un uomo dalla testa dura. Di quella durezza che non è cocciutaggine ma determinazione. Per usare una metafora in lingua napoletana, a lui assai cara, è un pappice. Dicette 'o pappice vicino 'a noce, damme 'o tiempo ca te spertose, chi non ha usato almeno una volta nella vita questo proverbio? Ecco, De Crescenzo è così. Un morso alla volta, un passo alla volta.

Con lui ho condiviso gli anni dell'Università. Eravamo giovani e sognatori, portavamo in comune un progetto: capire la storia. Era un bel progetto, ci sembrava possibile. Qualcosa, ciascuno per la propria parte, l'abbiamo appreso. Ricordo ancora il suo intervento, non so quanti anni fa, dal pubblico, in una puntata del Maurizio Costanzo Show. Era lì a rivendicare il diritto di parola per una storia scritta a senso unico, per una storia che da decenni non aveva voce. De Crescenzo chiedeva che quella storia avesse voce. E, per dare questa voce, ha studiato, casa e puteca con gli Archivi, perché a parlare, per dire la verità, ci vogliono i documenti.

Il suo ultimo libro, ma ne ha in cantiere un altro, è Il libro dei Primati del Regno delle Due Sicilie dal 1734 al 1860, edito da Grimaldi & C. Editori in Napoli, nel 2019. Un libro bello prima di tutto nella veste grafica. Un libro vero, per intenderci, dove la carta è raffinata, le illustrazioni, cento, sono tutte a colori, con un formato imponente e un costo ragguardevole, ma che dà senso all'impresa fatta.

Il contenuto è nel titolo. Primati. Siamo in gara? Qualcuno chiederà, no, non siamo in gara ma se esiste il Guinness dei primati può esistere anche un libro in cui, attraverso la narrazione dei primati messi in campo, uno dopo l'altro, nel Regno delle Due Sicilie, si racconta la storia e la cultura di un popolo. De Crescenzo ne ha messi insieme 135, maturati nel periodo della dinastia borbonica.

«Quei primati – si legge – molto spesso erano il frutto non solo della genialità dei singoli, ma anche di precise politiche seguite dai Borbone [...]. Si prevedevano premi, finanziamenti e "privative" (una sorta di brevetto e di esclusiva) per chi proponeva "invenzioni di novità assoluta e di assoluta utilità"».

Così si viaggia nel tempo, tra storie conosciute e altre di nicchia. Dalla prima ferrovia, la Napoli - Portici, alla prima nave a vapore, al primo ponte sospeso in ferro, al più antico istituto di sinologia e orientalistica d'Europa (il Collegio cinese di Napoli), alla prima cattedra di Astronomia e Nautica in Italia affidata a Napoli a Pietro De Martino, all'istituzione del primo tribunale del commercio in Italia, passando per la prima legislazione in Italia sull'organizzazione sanitaria, il primo cimitero italiano per poveri (il "Cimitero delle 366 fosse", a Napoli), il primo codice marittimo moderno, le prime leggi antisismiche in Italia, la prima legge al mondo che equiparava le donne agli uomini, lo Statuto di San Leucio, il primo Museo Mineralogico del mondo e via di questo passo.

Centotrentacinque! Tanti. Tante storie di visioni politiche, di impegno tecnico-scientifico, di lungimiranza culturale. Non solo cifre ma ricostruzioni delle genesi di quelle cifre. Un libro da leggere, da studiare, da digerire. Un libro bello da conservare, un dono da offrire a chi resterà dopo di noi. Un plauso, poi, all'editore che nella scommessa di mettere su un prodotto di qualità, ha vinto.

di Nadia Verdile

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