Augusto Ferraiulo e Agata la Palermitana, che non era una strega. Con Vespa e altri, la caccia continua?

CASERTA – Il 20 settembre 2019, nella biblioteca comunale “Alfonso Ruggiero” di Caserta, Augusto Ferraiuolo ha presentato il suo libro “Agata la Palermitana, un processo per stregoneria nella Capua del XVII secolo” per i tipi di Frammenti Editore. Il volume curato dall’antropologo è corredato delle surreali illustrazioni dell’artista Enzo Toscano, e degli interventi straordinari di un’equipe composta di storiche, docenti, sociologhi e magistrati. Il libro curato da Ferraiuolo è una ricerca che ha preso spunto da uno dei processi per stregoneria conservati presso l’Archivio dell’Arcidiocesi di Capua e racconta di Agata, una donna che incappa nel tragico meccanismo della caccia alle streghe.

Nel maggio 1687, la malcapitata viene condannata alla pena della frusta e all’esilio. Un processo durato anni, con molti testimoni e accusatori.

L’antropologo casertano che insegna alla Boston University ne trascrive il processo ma soprattutto ne legge la genesi, ne interpreta le ragioni. Gli interventi a corredo del libro spaziano dalle contestualizzazioni archivistiche (Rosalba De Riso, Francesco Ciociola), alle analisi linguistiche (Antonio Del Castello), sociologiche (Davide Barba) e storiche (Gianni Cerchia e Nadia Verdile), dagli approfondimenti psicopatologici (Emanuele Del Castello) a suggestioni filosofiche (Lucio Saviani) alle interpretazioni grafiche di Enzo Toscano.

La presentazione è stata coordinata dalla scrittrice e giornalista Nadia Verdile, che ha saputo introdurre gli interventi dei diversi ospiti della serata. Luca Palermo, critico d’arte, ha commentato le incisioni dell’artista definendole come il frutto di un processo creativo progettuale realizzativo basato sull’incisione xilografica. Le opere dell’artista difatti sono caratterizzate da toni cupi e uno stile primitivo, onirico, dalle figure androgine, che raccontano sapientemente le gesta e il personaggio di Agata, mettendo in evidenza il lato più introspettivo della donna e della strega.

Ma chi è stata Agata? Era realmente una strega? La risposta è assolutamente no, nonostante le secolari leggende come quelle della janara, etimologia del nome spiegata dal filosofo e scrittore Lucio Saviani.

«Erano processi contro le donne – ha spiegato Nadia Verdile –, era una questione di potere, presenza e conoscenza. Le donne erano capri espiatori. Molte ammettevano di essere streghe, intrattenendo rapporti sessuali col diavolo».

«Le donne non avevano un ruolo evidente nella società – ha detto Augusto Ferraiuolo – l’ammettere di volere essere una strega era una forma di affermazione sociale».

Erbe, pozioni, sortilegi. Tutto le mani di una donna, di donne che la storia ci ha tramandato come streghe.

«Agata mette in discussione gerarchie e privilegi in un’età in cui il punto di vista stava cambiando velocemente – ha affermato il docente di Storia contemporanea, Gianni Cerchia -; la caccia alle streghe, dagli inizi del ‘400 sino alla fine del ‘700, è stata uno strumento di controllo della Chiesa. Le donne ai margini della società, venivano condannate per responsabilizzare se stessi, perché l’impiego di capri espiatori non è mai stato un manifesto di libertà».

E la Chiesa oggi?

«La Chiesa oggi – ha detto don Nicola Lombardi - non è l’unica portatrice di verità, ma di semi. Si processavano in quei tempi le eresie».

Posizione non condivisa da Verdile che ha sottolineato: «La caccia alle streghe come femminicidio in nome di Dio. Se Dio è maschio, a un certo punto il maschio si è sentito Dio affermava negli anni sessanta la filosofa Mary Daly; coloro che processavano erano uomini di Chiesa, un’élite maschilista e feudale, che convinceva le donne guaritrici, mediche, ostetriche ad essere streghe a causa di un percorso di torture di violenza fisica e psicologica. La storia di Agata, è una storia di una donna che confessa di invocare il diavolo, per non essere più violentata dal marito».

Quante donne sono state Agata durante la storia? Quante? E quante ancora lo sono tutt’oggi?

Recente è la vicenda di Bruno Vespa che ha pubblicamente ridicolizzato una vittima di tentato femminicidio, Lucia Panigalli.

«Quest’uomo era così follemente innamorato di lei da non volerla dividere se non con la morte? Finché morte non ci separi!» ha detto in trasmissione il giornalista alla vittima sorridendo, e poi ancora: «Se avesse voluto ucciderla, l’avrebbe uccisa, dai».

Vespa ha usato la sua parola per colpire e ferire ulteriormente una persona che tutt’oggi rischia di morire per mano del suo ex.

La parola come arma, che come nel ‘600, oggi viene usata per ferire la dignità delle donne. La parola che definiva “streghe” donne di potere, e che oggi definisce “ministro, assessore, sindaco” donne al potere, non riconoscendo la valenza del loro ruolo di persone all’interno della società.

Di particolare rilievo la vicenda dell’ex ministra della difesa Trenta, che nel dicembre 2018 si rifiuta di farsi chiamare “ministra” da una ragazzina, preferisce ministro, rinnegando le regole della lingua italiana. Ministra, assessora, sindaca, architetta. Oggi è più facile definire una donna “strega” che riconoscere la sua posizione nella società con questi nomi.

E Agata lo sapeva bene, lo ha sperimentato sulla sua pelle.

di Katia Nicosia

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