Ritratti di rifugiati con le loro storie, arrivano a Napoli con la mostra "Io Sono" di Luisa Menazzi Moretti
NAPOLI - Luisa Menazzi Moretti, Io Sono. Mostra dal 25 ottobre al 23 novembre 2018 al Pan (Palazzo delle Arti Napoli). Vernissage: 24 ottobre, ore 18. Venti ritratti di rifugiati con le loro storie arrivano a Napoli, per raccontare con una mostra fotografica la loro identità. La mostra fotografica Io Sono di Luisa Menazzi Moretti arriva per la prima volta a Napoli dal 25 ottobre al 23 novembre 2018 al Palazzo delle Arti Napoli, e inaugura il 24 ottobre alle ore 18.
All'inaugurazione, oltre all’artista, saranno presenti Nino Daniele, l'assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, Nicola Valluzzi, presidente della Provincia di Potenza e Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale – Sprar.
La mostra, promossa dall'assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, è stata prodotta da Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, Cooperativa Sociale il Sicomoro e Arci Basilicata.
Venti ritratti fotografici di grandi dimensioni di rifugiati e richiedenti asilo, sbarcati in Italia, sono affiancati da testi che ne raccontano le drammatiche storie personali, raccolte dalla stessa artista, che per mesi li ha incontrati e ascoltati nei centri italiani dove oggi risiedono. Davanti all'obiettivo della fotografa, ciascun protagonista ha con se un oggetto particolarmente evocativo, che ha scelto quale segno per rappresentare la sua vicenda unica e individuale: dal sasso dipinto di Muhamed, sfuggito alla lapidazione, alla candelina azzura di Joy, che celebra il primo compleanno di suo figlio, salvando il suo piccolo dalla persecuzione di Boko Haram.
Afghanistan, Pakistan, Siria, Nepal, Libia, Gambia, Nigeria, Senegal, Egitto, Congo, Mali, Costa d’Avorio, Eritrea ed Etiopia: vengono da diverse parti del mondo i protagonisti di questo lavoro realizzato nel 2017, che ha coinvolto le persone accolte nei progetti SPRAR della Basilicata, promossi dalla Provincia di Potenza e dal Comune di Matera.
Un racconto corale della condizione di migrante, dove le singole voci cantano all'unisono di storie di affrancamento e voglia di riscatto, dove ogni singolo spettatore potrà seguire storie per nulla scontate con epiloghi ancor meno prevedibili.
Sono racconti molto diversi l'uno dall'altro, ma accomunati da un netto rifiuto nei confronti di tutto ciò che è violenza e sopraffazione. Tutti i migranti ritratti da Luisa Menazzi Moretti sono costretti, per poter continuare a vivere, a scappare. I motivi sono diversissimi, la speranza che li alimenta resta sempre quella di credere in un possibile domani.
“Ho incontrato persone arrivate nel nostro Paese alla ricerca di una vita migliore – spiega Luisa Menazzi Moretti -. Assieme a moltissime altre sbarcano e si confondono nell’indistinto afflusso di uomini e donne senza volto e senza storia. Non sappiamo nulla di loro. Da dove vengono, chi sono? Li vediamo da lontano. In televisione, su internet, paiono tutti uguali”.
Al centro del lavoro di Io Sono c'è il riconoscimento di un'identità: quello di Luisa Menazzi Moretti è un invito allo spettatore a riconoscere l’unicità di ogni singola esperienza, di ogni ritratto, di ogni distinta vicenda umana. Un tentativo di comprensione, di empatia con le vite degli altri, di ognuno di loro. Sono ritratti reali, che si impongono allo sguardo dello spettatore e sembrano dire “Noi siamo, noi ci siamo, ascoltateci.”
C'è la storia di Tresor, venuto dal Congo: “Ho due bambini. Avevo un terzo figlio, ma è scomparso nell’acqua durante la traversata. Anche mia moglie è morta”; o la storia di Adama, che ha solo diciotto anni e viene dal Senegal: “Mio zio mi ha promessa in sposa a un suo amico, era molto vecchio, avevo quattrodici anni. Ho deciso di scappare, da sola. Sono stata costretta ad andare via: o mi sposavo o mio zio mi uccideva”. E poi c’è Ahmad che con la moglie e i sei figli sono fuggiti insieme dalla guerra in Siria, trovando rifugio dapprima in Turchia e poi accolti in Italia come rifugiati: “La vita non dovrebbe essere così dura come lo è stata per i miei figli. Per nessuno. Mi avevano proposto di andare in Olanda, Svezia, Svizzera, Germania… ma noi abbiamo scelto l’Italia perché siamo convinti che sia molto bella”.
“E’ difficile riuscire a concepire il loro essere innanzitutto individui prima che migranti” - l’autrice aggiunge –. “Le persone che ho incontrato in Basilicata, grazie al lavoro svolto dagli operatori sociali, sono state messe nella condizione di poter costruire per sé stessi e con le comunità locali, una nuova vita”.
“C’è nel nuovo razzismo, forse ancora più accentuatamente che nel vecchio - ha affermato il sindaco Luigi de Magistris -, una spinta alla cancellazione dell’identità individuale, ma anche culturale e sociale dell’immigrato; una sottrazione cui corrisponde l’imposizione surrettizia di una identità che serva da giustificazione all’emarginazione, alla discriminazione, alla separazione. Perché il nuovo razzismo non vuole l’espulsione di massa degli immigrati: sono utili come forza lavoro ma devono essere tenuti in condizioni di marginalità, contrassegnati con un marchio, sia pure soltanto virtuale, che segnali la loro diversità e consenta di scaricare su di loro, come ha sempre fatto il razzismo, la paure, le frustrazioni, le nostre insoddisfazioni. La mostra Io sono di Luisa Menazzi Moretti compie un’azione opposta, smonta il pregiudizio, restituisce individualità e umanità alle persone ritratte, ci aiuta a liberarci dell’inganno, contro il razzismo ed ogni forma di apartheid. Benvenuta dunque a Napoli, città di emigranti e di immigrati di ieri e di oggi e che perciò deve mostrarsi vigile e combattiva nei confronti del razzismo, nel nome di un’antica storia di inclusione, di accoglienza, di apertura alla conoscenza.”
Il progetto comprende, oltre alla mostra, anche un video, che ha ricevuto il premio “One Eyeland, Bronze” e il libro Io sono pubblicato da Giunti Editore. Il lavoro è corredato da una speciale guida didattica, strumento di approfondimento per sviluppare nelle scuole originali programmi didattici sul rispetto dei diritti umani.
Il progetto Io sono ha ricevuto inoltre di recente due honorable mentions al prestigioso International Photography Awards di New York: una al video “I am”, versione breve, e l'altra alle fotografie nella categoria People-Other.
La mostra fotografica è stata già esposta a Matera, a Potenza e Lecce, con un grande successo di pubblico. Dopo la tappa napoletana sarà a Milano.
Luisa Menazzi Moretti. Nata a Udine nel 1964, all’età di tredici anni lascia l’Italia per trasferirsi con la famiglia negli Stati Uniti, dove in Texas, nella città di College Station, frequenta la high school per poi proseguire a Houston i suoi studi universitari. In quegli anni inizia la sua passione per la fotografia; frequenta corsi prediligendo la stampa e lo sviluppo in bianco e nero. Ritorna a vivere in Europa, si laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne, lavora a Londra per poi, dopo alcuni anni, trasferirsi in Italia. Ha vissuto a Udine, Bologna, Roma, Napoli e Venezia. Critici curatori e scrittori quali Francesco Bonami, Achille Bonito Oliva, Denis Curti, Valerio Dehò, Maria Flora Giubilei, Antonio Giusa, Lothar Müller, Daniele Pitteri, Domenico Quirico hanno presentato e curato le mostre dell’autrice. Nel 2017 Giunti editore pubblica Io sono – Luisa Menazzi Moretti. Nel 2016 la casa editrice Contrasto pubblica Ten Years and Eighty-Seven Days e, sempre nello stesso anno, Gente di Fotografia pubblica Somewhere – Luisa Menazzi Moretti; due sono i cataloghi editi da Arte’m di Luisa Menazzi Moretti: Words (2013) e Cose di Natura – Nature’s Matters (2014). Progetto prodotto da Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, Cooperativa il Sicomoro, Arci Basilicata.
Mostre essenziali:
Ten Years and Eighty-Seven Days, Museo Santa Maria della Scala, Siena (2017)
Ten Years and Eighty-Seven Days, European Month of Photography (EMOP), Berlino (2016)
Words, Forum Universale delle Culture, San Domenico Maggiore (2014)
Words, Fotofest International, Houston (2014)
Somewhere, Luisa Menazzi Moretti ,Villa Manin, Udine (2016)
Ingredients for a Thought, MIA Fair, Milano (2015)
Cose di Natura, Galleria d’Arte Moderna di Genova (2014)
Mostra: Io sono, 25 ottobre- 23 novembre 2018, presso Pan Palazzo delle Arti Napoli (via dei Mille, 60), vernissage: 24 ottobre, ore 18, Pan. Orari della mostra: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato dalle 9:30 alle 19:30. Domenica dalle 9:30 alle 14:30. Martedì chiuso.
La mostra, promossa dall'assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, è stata prodotta da Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, Cooperativa Sociale il Sicomoro e Arci Basilicata.
Venti ritratti fotografici di grandi dimensioni di rifugiati e richiedenti asilo, sbarcati in Italia, sono affiancati da testi che ne raccontano le drammatiche storie personali, raccolte dalla stessa artista, che per mesi li ha incontrati e ascoltati nei centri italiani dove oggi risiedono. Davanti all'obiettivo della fotografa, ciascun protagonista ha con se un oggetto particolarmente evocativo, che ha scelto quale segno per rappresentare la sua vicenda unica e individuale: dal sasso dipinto di Muhamed, sfuggito alla lapidazione, alla candelina azzura di Joy, che celebra il primo compleanno di suo figlio, salvando il suo piccolo dalla persecuzione di Boko Haram.
Afghanistan, Pakistan, Siria, Nepal, Libia, Gambia, Nigeria, Senegal, Egitto, Congo, Mali, Costa d’Avorio, Eritrea ed Etiopia: vengono da diverse parti del mondo i protagonisti di questo lavoro realizzato nel 2017, che ha coinvolto le persone accolte nei progetti SPRAR della Basilicata, promossi dalla Provincia di Potenza e dal Comune di Matera.
Un racconto corale della condizione di migrante, dove le singole voci cantano all'unisono di storie di affrancamento e voglia di riscatto, dove ogni singolo spettatore potrà seguire storie per nulla scontate con epiloghi ancor meno prevedibili.
Sono racconti molto diversi l'uno dall'altro, ma accomunati da un netto rifiuto nei confronti di tutto ciò che è violenza e sopraffazione. Tutti i migranti ritratti da Luisa Menazzi Moretti sono costretti, per poter continuare a vivere, a scappare. I motivi sono diversissimi, la speranza che li alimenta resta sempre quella di credere in un possibile domani.
“Ho incontrato persone arrivate nel nostro Paese alla ricerca di una vita migliore – spiega Luisa Menazzi Moretti -. Assieme a moltissime altre sbarcano e si confondono nell’indistinto afflusso di uomini e donne senza volto e senza storia. Non sappiamo nulla di loro. Da dove vengono, chi sono? Li vediamo da lontano. In televisione, su internet, paiono tutti uguali”.
C'è la storia di Tresor, venuto dal Congo: “Ho due bambini. Avevo un terzo figlio, ma è scomparso nell’acqua durante la traversata. Anche mia moglie è morta”; o la storia di Adama, che ha solo diciotto anni e viene dal Senegal: “Mio zio mi ha promessa in sposa a un suo amico, era molto vecchio, avevo quattrodici anni. Ho deciso di scappare, da sola. Sono stata costretta ad andare via: o mi sposavo o mio zio mi uccideva”. E poi c’è Ahmad che con la moglie e i sei figli sono fuggiti insieme dalla guerra in Siria, trovando rifugio dapprima in Turchia e poi accolti in Italia come rifugiati: “La vita non dovrebbe essere così dura come lo è stata per i miei figli. Per nessuno. Mi avevano proposto di andare in Olanda, Svezia, Svizzera, Germania… ma noi abbiamo scelto l’Italia perché siamo convinti che sia molto bella”.
“E’ difficile riuscire a concepire il loro essere innanzitutto individui prima che migranti” - l’autrice aggiunge –. “Le persone che ho incontrato in Basilicata, grazie al lavoro svolto dagli operatori sociali, sono state messe nella condizione di poter costruire per sé stessi e con le comunità locali, una nuova vita”.
“C’è nel nuovo razzismo, forse ancora più accentuatamente che nel vecchio - ha affermato il sindaco Luigi de Magistris -, una spinta alla cancellazione dell’identità individuale, ma anche culturale e sociale dell’immigrato; una sottrazione cui corrisponde l’imposizione surrettizia di una identità che serva da giustificazione all’emarginazione, alla discriminazione, alla separazione. Perché il nuovo razzismo non vuole l’espulsione di massa degli immigrati: sono utili come forza lavoro ma devono essere tenuti in condizioni di marginalità, contrassegnati con un marchio, sia pure soltanto virtuale, che segnali la loro diversità e consenta di scaricare su di loro, come ha sempre fatto il razzismo, la paure, le frustrazioni, le nostre insoddisfazioni. La mostra Io sono di Luisa Menazzi Moretti compie un’azione opposta, smonta il pregiudizio, restituisce individualità e umanità alle persone ritratte, ci aiuta a liberarci dell’inganno, contro il razzismo ed ogni forma di apartheid. Benvenuta dunque a Napoli, città di emigranti e di immigrati di ieri e di oggi e che perciò deve mostrarsi vigile e combattiva nei confronti del razzismo, nel nome di un’antica storia di inclusione, di accoglienza, di apertura alla conoscenza.”
Il progetto comprende, oltre alla mostra, anche un video, che ha ricevuto il premio “One Eyeland, Bronze” e il libro Io sono pubblicato da Giunti Editore. Il lavoro è corredato da una speciale guida didattica, strumento di approfondimento per sviluppare nelle scuole originali programmi didattici sul rispetto dei diritti umani.
Il progetto Io sono ha ricevuto inoltre di recente due honorable mentions al prestigioso International Photography Awards di New York: una al video “I am”, versione breve, e l'altra alle fotografie nella categoria People-Other.
La mostra fotografica è stata già esposta a Matera, a Potenza e Lecce, con un grande successo di pubblico. Dopo la tappa napoletana sarà a Milano.
Luisa Menazzi Moretti. Nata a Udine nel 1964, all’età di tredici anni lascia l’Italia per trasferirsi con la famiglia negli Stati Uniti, dove in Texas, nella città di College Station, frequenta la high school per poi proseguire a Houston i suoi studi universitari. In quegli anni inizia la sua passione per la fotografia; frequenta corsi prediligendo la stampa e lo sviluppo in bianco e nero. Ritorna a vivere in Europa, si laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne, lavora a Londra per poi, dopo alcuni anni, trasferirsi in Italia. Ha vissuto a Udine, Bologna, Roma, Napoli e Venezia. Critici curatori e scrittori quali Francesco Bonami, Achille Bonito Oliva, Denis Curti, Valerio Dehò, Maria Flora Giubilei, Antonio Giusa, Lothar Müller, Daniele Pitteri, Domenico Quirico hanno presentato e curato le mostre dell’autrice. Nel 2017 Giunti editore pubblica Io sono – Luisa Menazzi Moretti. Nel 2016 la casa editrice Contrasto pubblica Ten Years and Eighty-Seven Days e, sempre nello stesso anno, Gente di Fotografia pubblica Somewhere – Luisa Menazzi Moretti; due sono i cataloghi editi da Arte’m di Luisa Menazzi Moretti: Words (2013) e Cose di Natura – Nature’s Matters (2014). Progetto prodotto da Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, Cooperativa il Sicomoro, Arci Basilicata.
Mostre essenziali:
Ten Years and Eighty-Seven Days, Museo Santa Maria della Scala, Siena (2017)
Ten Years and Eighty-Seven Days, European Month of Photography (EMOP), Berlino (2016)
Words, Forum Universale delle Culture, San Domenico Maggiore (2014)
Words, Fotofest International, Houston (2014)
Somewhere, Luisa Menazzi Moretti ,Villa Manin, Udine (2016)
Ingredients for a Thought, MIA Fair, Milano (2015)
Cose di Natura, Galleria d’Arte Moderna di Genova (2014)
Mostra: Io sono, 25 ottobre- 23 novembre 2018, presso Pan Palazzo delle Arti Napoli (via dei Mille, 60), vernissage: 24 ottobre, ore 18, Pan. Orari della mostra: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato dalle 9:30 alle 19:30. Domenica dalle 9:30 alle 14:30. Martedì chiuso.
Ricerche Correlate